Capo Di Stato Maggiore Esercito
Varcando la soglia di Filippo La Mantia – Oste e Cuoco in Piazza Risorgimento, angolo via Poerio, vengo assorbita da un'atmosfera calda e avvolgente: luci soffuse e ricercate, fotografie d'autore appese alle pareti e musica… musica diffusa in tutti gli ambienti. Più di un ristorante, Filippo La Mantia non è solo il nuovo gioiellino dell'omonimo Chef, ma è anche la sua casa milanese: qui ha deciso di portare un pezzo di Sicilia, con i suoi sapori, profumi e colori. Proprio come in una casa non ci sono orari, è aperto dalla mattina alla sera, offrendo colazioni, brunch, lunch, aperitivi e cene, nonché cocktail bar per rilassarsi dopo un'intensa giornata di lavoro, con sala fumatori annessa (separata ovviamente dall'ambiente principale). Realizzato su una superficie di 1800 mq e disposto su due livelli, senza spazi definiti né riservati, il ristorante è composto da stanze che si susseguono e si intrecciano lasciando massima flessibilità nell'utilizzo degli ambienti. Il progetto degli interni è stato affidato a Piero Lissoni, maestro di design e architettura d'interni, amico di Filippo La Mantia, con il quale si è instaurato un rapporto di massima collaborazione e interazione.
La cantina In una lista ben esposta in zone di produzione sono preponderanti le etichette di mercato provenienti dalla Trinacria, ma anche qualche referenza di piccola ricerca. Si beve da 30 euro in su. Il servizio Tanti coperti, tanto personale attento e veloce, votato all'efficienza, grazie anche alla carismatica presenza dell'Oste che governa la sala con un colpo d'occhio fulmineo e grande cominicativa. Piatti che arrivano a passo di carica e a ritmo serrato. Il conto Se i piatti sono ispirati alla cucina di trattoria, il conto non lo è: da 20 a 30 euro i piatti che portano un percorso completo in tripla cifra.
A proposito di giovani… Lei che consiglio darebbe a un giovane che desidera diventare chef? Tutti parlano del cuoco perché sicuramente attira maggiormente, il camice bianco fa figo. Invece io a un giovane consiglierei di non fare il cuoco, ma il cameriere. Per fare cucina ci vogliono i camerieri e i lavapiatti, nessuno parla di queste categorie che sono fondamentali, io senza i miei camerieri non sono nessuno, non potrei far altro che un self-service. (Courtesy La Mantia) Qual è la sua filosofia culinaria? La mia cucina è tranquilla, rilassata, accessibile, rifacibile, gioco sul fatto che la Sicilia ti fa pensare alle vacanze, che per me è un vantaggio, quindi chi ha un approccio con il mio cibo pensa alla vacanza, e questo è per me una cosa bellissima. Ovvio che a Milano la gente non è in vacanza, esce dagli uffici per andare al ristorante e stare un'ora e mezza rilassati e io sono quello che gli deve permettere tutto ciò, attraverso cibo e un'accoglienza a 360 gradi. Come pensa sia cambiato fare ristorazione oggi rispetto al passato?
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Le foto, un certo allure che mi pareva di scorgere, la piacevole voce al telefono, e pure un rate non indifferente che poteva farmi supporre, chissà, una qualche virtù, mi convinsero a tentare questo nuovo approdo. Un approdo che da quel giorno di circa un mese fa ho già ripetuto più volte. Ella m'apparve nella penombra di una bella casa, in un palazzo di gusto e di qualche sfarzo contenuto, una dimora della buona borghesia d'un tempo, dalle parti di Via Po. E non come erroneamente riportato dai sodali in Coppedé, 'che è quartiere vicino ma non lo stesso, non essendovi qui le magnificenze misteriche dell'architetto art decó. Ma pur di bei luoghi si tratta, posti che in ore serali son poco frequentati. Qui passeggiando con in mano una bottiglia di champagne non si viene immediatamente associati ai clienti di qualche cerbiatta della Terza Roma. Non male quindi per chi ama la privacy, anche se personalmente non ne ho particolare urgenza, essendo un noto puttaniere. Ella, dicevo, m'apparve nella penombra, e quando giungemmo alla luce, seppur fioca di candele, mi si rivelò come una splendida donna, celata solo da una elegante lingerie.
Il contesto è quello della Pinacoteca di Brera, che da qualche tempo ha inaugurato una nuova caffetteria all'interno del complesso museale adibito a ospitare una delle più prestigiose collezioni d'arte antica e moderna del mondo: proprio del percorso museale, il Caffè costituisce l'ultima sala, in continuità con la visita alle opere in esposizione, grazie a un'intuizione del direttore J ames Bradburne, per favorire l'integrazione dei servizi ai visitatori nel contesto artistico (a questo proposito, pensiamo pure alla nuova "gelateria" degli Uffizi di Firenze). Il ristorante del Caffè Fernanda di Milano a Brera con i piatti di Filippo La Mantia Con Filippo La Mantia, però, il Caffè Fernanda ambisce a diventare anche bistrot e ristorante "con piatti ispirati ai capolavori", come hanno raccontato lo chef e il direttore della Pinacoteca in conferenza stampa, impegnandosi a dimostrare l'assunto che al museo si può mangiare bene (all'estero è vero da tempo, in Italia stiamo lavorando sul tema).
Colpisce subito il ristorante di Filippo La Mantia in piazza Risorgimento: spesso c'è la fila fuori per il brunch in stile siciliano. Distribuito su due piani con diverse sale e tanti spazi dove poter stare più tranquilli, è un luogo accogliente dove la Sicilia si respira in ogni dove e che fa sentire subito a proprio agio. un ristorante e caffetteria dove la sicilia si respira in ogni piatto Si comincia la mattina presto con la colazione: alla caffetteria non mancano mai la brioscia cu tuppu e i bomboloni, ma anche il panino con il falsomagro e quello con milza. All'ora di pranzo si va alla scoperta del ricco buffet posto al piano terra, dove non mancano mai la pasta alla norma, la pasta con le sarde, la parmigiana di melanzane, la caponata, le polpette di cous cous oppure quelle con le sarde, capperi, menta e finocchietto, la zucca in agrodolce, le arancine, e altri piatti della tradizione. La filosofia Di Filippo La Mantia, che si aggira spesso tra i tavoli per fare un saluto e parlare con gli ospiti, è quella di farvi sentire come a casa.
Il cuoco palermitano fa le prime esperienze in Sicilia e poi si trasferisce a Roma. «È stata dura ricominciare a 40 anni ma pian piano ho ingranato e ho sognato di avere un ristorante mio — afferma —: è finita che ne ho diretti due. A 54 anni volevo rimettermi a sognare e ho deciso di cambiare tutto: nel 2015 mi sono trasferito a Milano e ho aperto un ristorante. Dopo due anni e tanto lavoro mi sento di iniziare a realizzare anche questo». Un sognatore, certo, ma di quelli pragmatici. Per questo, domani, è stato scelto per raccontare i suoi segreti dal palco del «Dreamers Day 2017», alternandosi con protagonisti di mondi professionali diversi come l'avvocato Stefano Simontacchi, tra i massimi esperti di fiscalità, presidente della fondazione Ospedale dei bambini Buzzi di Milano e consigliere di amministrazione di Rcs MediaGroup. Gli organizzatori hanno come obiettivo quello di far scattare «una scintilla, uno stimolo al cambiamento che renda concreta la frase "ce la farò anche io"». «Non ho fatto scuole di cucina, non ho avuto grandi maestri, non ho stelle e non ci tengo ad averne — conclude La Mantia — ma sognavo di diventare oste e cuoco e ci sono riuscito.