Capo Di Stato Maggiore Esercito
Già prima della colonizzazione, comunque, la presenza europea era molto aumentata: decine di migliaia di contadini e pescatori siciliani e sardi, per esempio, emigrarono in Tunisia e anche in Algeria fin dall'inizio dell'Ottocento. La presenza europea portò a modernizzare all'europea città, vie di comunicazione, genere di vita, economia: soprattutto potenziò l'agricoltura (ortaggi, agrumi, olivo, vite, datteri) e valorizzò le risorse minerarie di questi paesi. Vennero scoperti enormi giacimenti di fosfati (preziosi come concimi) in Marocco, Algeria e Tunisia, di gas e petrolio in Algeria, di petrolio in Libia, e di altri minerali ancora. La ricchezza prodotta portò a migliorare le condizioni di vita nei paesi maghrebini (dopo che riconquistarono l'indipendenza); ad aumentare moltissimo la popolazione – che continua a crescere con rapidità; a integrarsi nei rapporti internazionali; a sviluppare sistemi sociali e culturali abbastanza diversi da paese a paese – per esempio, molto diverse sono le politiche sociali o nel campo dell'istruzione, nei confronti della religione o del ruolo della donna.
E se sul mare sono stati spesi centinaia di milioni di euro per l'agenzia Frontex, strumento militare europeo di controllo dei mari, il vero "lavoro sporco" è stato compiuto dalle polizia di frontiera dei singoli paesi che, coadiuvate dalle omologhe europee, hanno definito una esternalizzazione delle frontiere. Non erano più le acque internazionali a delimitare i confini ma gli stessi porti tunisini, libici, algerini ed egiziani, se non i centri di detenzione per immigrati o le patrie galere in cui vengono e venivano rinchiusi chi forzava i confini e chi veniva rimpatriato. Oggi questa recinzione salta in aria e con essa la stolta pretesa di fermare le migrazioni manu militari. Se ci fosse stato uno straccio di politica estera, il governo italiano avrebbe potuto e dovuto avvertire, non foss'altro per ragioni generazionali, che Ben Alì piuttosto che Moubarak, non potevano, in tempo di crisi, sperare di poter gestire una transizione morbida al proprio potere, che anche il "grande amico" Mohammar Gheddafi, è in difficoltà quanto come Boutefilka.
Credo vi sia un nesso causale tra lo sviluppo di infrastrutture e progetti inclusivi, come ad esempio l'adesione dell'Uma al Trattato di libero commercio continentale africano (Afcta). Questi progetti potrebbero facilitare in futuro l' integrazione del Maghreb, attualmente la regione più isolata del continente africano. La sinergia che unisce sempre di più l'Uma in Africa, e che si manifesta nel quadro informale del dialogo 5 + 5, potrebbe anche gradualmente promuovere sempre di più la cooperazione orizzontale del Maghreb. Il rapporto tra Uma e Unione africana è principalmente istituzionale. L'organizzazione è una delle otto comunità economiche regionali africane. Alcuni progetti avviati dalla Commissione economica per l'Africa (Eca) includono i cinque Paesi dell'Uma e l' Egitto, come il progetto sulla fibra ottica. Ma l'allargamento dell'Uma ad altri Paesi non è all'ordine del giorno, anche perché vi è ancora l'assenza di una sostanziale integrazione nel Maghreb. I Paesi di questa regione purtroppo continuano a cooperare con gli altri gruppi principalmente in modo isolato; ciò rappresenta un grave problema per lo sviluppo.
Terre in cerca di equilibrio La ricchezza, però, portò anche a disuguaglianze e tensioni interne e internazionali, emigrazione verso l'Europa e, insieme, immigrazione di lavoratori dall'Egitto e dall'Asia (specie in Libia, che è poco popolata). Un'altra fonte di squilibri è la concentrazione degli abitanti nelle regioni costiere e soprattutto nelle città, moderne e dotate di industrie (tessile, petrolchimica, meccanica) e servizi, mentre le campagne e l'interno sono spesso in condizioni arcaiche, salvo nelle nuove città sorte nel deserto sui grandi giacimenti minerari. La concentrazione urbana è forte in Libia, dove la capitale Tripoli da sola ha 1. 682. 000 abitanti; molto meno in Tunisia (Tunisi, 1. 996. 000 abitanti) e in Algeria (Algeri, 2. 562. 000; Orano, 656. 000), e soprattutto in Marocco, dove c'è più terra coltivabile e la popolazione rurale è più numerosa (Rabat, la capitale, ha 1. 386. 000 abitanti, ma la città più popolosa è Casablanca, con un grande porto e 2. 771. 000 abitanti).
Specie nella parte più occidentale della costa maghrebina, che ha più vaste superfici coltivabili, già nell'antichità il popolamento fu abbastanza denso e permise lo sviluppo di città e organizzazioni politiche notevoli. Nell'interno, fino a pochi decenni fa, tutta la regione era popolata solo da scarsi berberi nomadi (come i famosi Tuareg) e piccoli gruppi di agricoltori nelle oasi. L'economia tradizionale si basava su agricoltura di tipo mediterraneo, pesca e commercio sulla costa; allevamento di pecore e capre sulle montagne; agricoltura di oasi e commercio trans-sahariano nell'interno. A parte qualche città della costa (quelle marocchine, e poi Algeri, Orano, Tunisi, Tripoli), il periodo di floridezza del Maghreb finì nel Quattrocento, quando gli Stati europei cominciarono il loro sviluppo moderno e, per difendersi, la regione maghrebina si isolò sempre più. Di nuovo nel Mediterraneo Con l'Ottocento, anche il Maghreb fu investito dall'espansione europea e tornò, suo malgrado, ad avere rapporti intensi con il resto del Mediterraneo: prima in Algeria, poi in Tunisia (che non diventò colonia, ma un protettorato) si stabilirono i Francesi; più tardi, in Marocco (protettorato), Spagnoli e Francesi e, in Libia, Italiani ( colonialismo).
E TANTI ARGOMENTI IN PIU'!
Il prossimo passo sarà unire il Nord Africa sotto il vessillo di Allah, anche stringendo alleanze tra fazioni che, fino a qualche mese fa, erano in lotta tra loro. Un intreccio di interessi e aspirazioni che, nascosti dietro al Corano e agli insegnamenti del Profeta, mettono d'accordo le cellule jihadiste del Maghreb, le organizzazioni che trafficano esseri umani, armi e droga, le tribù del deserto del Sahara e gli eserciti non allineati ai governi. In questo modo verrebbe a crearsi un'unica, vasta area che dall'Algeria alla Tunisia arriverebbe a estendersi fino al Sinai dove, ormai da mesi, il briaccio armato egiziano dell'Isis (Ansar Beit al Maqdis) terrorizza l'intera regione con decapitazioni e soprusi. In Algeria l'Isis può contare sulla cellula Jund al Khalifah che decapitò il turista francese Hervè Gourvel. Dal "Grande Califfato del Maghreb" rimarrebbe fuori soltanto il Marocco. Almeno per il momento. Mohamed Hamdush, noto come "'il tagliatore di teste", ha minacciato di attaccare il proprio Paese di origine per fondare un nuovo Califfato islamico.
Gruppi che da anni imperversano nell'area e che, sotto la guida di Al Qaeda, possono crescere e colpire in modo più incisivo. La loro ideologia è sempre la stessa: lo jihadismo salafita. L'obiettivo dichiarato è colpire l'Occidente e gli Stati del Nordafrica che ne sono complici. Una minaccia ancora più forte, se si pensa che operano a pochi chilometri dal confine spagnolo di Ceuta e Melilla. E la scelta del nome del loro mezzo di propaganda non lascia spazio ad interpretazioni sulla loro volontà di colpire la Spagna e infine l'Europa: Al-Zallaqa. Un nome evocativo, che ricorda a tutti quello di un'antica battaglia del 1086 tra gli eserciti cristiani guidati da Alfonso di Castiglia e gli eserciti almoravidi, che per la storiografia cristiana è passata sotto il nome di battaglia di Sagrajas. I cristiani subirono una disfatta tremenda, gli almoravidi giunti dal Marocco devastarono le truppe ispaniche e al campo di battaglia diedero il nome di Al-Zallaqa, che voleva dire "terreno scivoloso", per ricordare la quantità di sangue versato dai cristiani su quella quasi mille anni, Al Zallaqa ritorna nell'immaginario collettivo magrebino e della Spagna.