Capo Di Stato Maggiore Esercito
Secondo la SEA Education Association l'isola pesa oltre 21mila tonnellate. È composta prevalentemente di plastica ma anche di metalli leggeri e residui organici. La sua esistenza venne ipotizzata per la prima volta nel 1988 in uno studio della National Oceanic and Atmospheric Adminstration degli Stati Uniti (NOAA). Nel 1997 il velista Charles Moore si trovò circondato da milioni di pezzi di plastica mentre partecipava a una gara in barca dalle Hawaii alla California. L'allarme del Programma delle Nazioni Unite per l'Ambiente (Unep) ha denunciato negli anni scorsi come la chiazza di rifiuti si stesse ingrandendo molto velocemente e come presto sarebbe stata visibile anche dallo spazio. Dal 2018 è attivo un sistema per la pulizia dell'isola. Il progetto, sviluppato dalla Ong olandese Ocean Cleanup e sviluppato dall'olandese Boyan Slat, si chiama System 001/B e prevede un sistema autonomo che utilizza le correnti, il modo ondoso e il vento per concentrare la plastica e permetterne la raccolta con navi di supporto.
rifiuti Milano, 17 aprile 2018 - 16:46 Immense e nocive per l'ecosistema marino, le "garbage patch" stanno conquistando gli oceani seguendo le correnti naturali di Nicolò Di Leo 1. Great Pacific Garbage Patch Chiamata anche "Pacific Trash Vortex" quest'isola di plastica è il più grande accumulo di spazzatura galleggiante al mondo. Composta prevalentemente da plastica, metalli leggeri e residui organici in degradazione, è situata nell'Oceano Pacifico e si sposta seguendo la corrente oceanica del vortice subtropicale del Nord Pacifico. Le sue dimensioni sono immense: le stime parlano di un minimo di 700. 000 km² di estensione fino a più di 10 milioni di km², per un totale di circa 3 milioni di tonnellate di rifiuti accumulati (c'è chi parla perfino di 100 milioni). Per dare un'idea più precisa, le sue dimensioni sono simili a quelle della Penisola Iberica, o maggiori di tutti gli Stati Uniti nella peggiore delle previsioni. 17 aprile 2018 | 16:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA
A destare altrettanta preoccupazione è la seconda isola di plastica per dimensioni, quella formatasi al centro del Pacifico Meridionale, al largo delle coste di Cile e Perù, la South Pacific Garbage Patch, della grandezza di oltre due milioni e mezzo di chilometri quadrati, costituita soprattutto da filamenti di plastica che stanno contaminando la fauna marina, compromettendo la qualità del pesce, anche quello destinato ai mercati ittici. Cambiando Oceano, la terza posizione di questa triste classifica di "isole artificiali", è la Nord Atlantic Garbage Patch, meno estesa delle sue sorelle ma forse ancora più pericolosa, in quanto formata da residui di plastica ad altissima concentrazione, in grado d'inquinare l'ecosistema marino in maniera più capillare. Fonte di preoccupazione è anche l'isola di plastica che sta crescendo a dismisura nell'Atlantico Meridionale, al largo delle coste dell'America Latina e dell'Africa Occidentale, segno del crescente volume d'interscambi tra questi Continenti.
La lista potrebbe continuare citando altri agglomerati di rifiuti che si stanno formando nei grandi mari del Pianeta, nel disinteresse generale, soprattutto di quelle nazioni che non hanno ancora adottato misure che limitino l'utilizzo della plastica nella loro filiera industriale ed alimentare. Una strategia che pur partendo da decisioni a livello governativo, deve mirare ad una consapevolezza individuale di semplici comportamenti d'attuare, a cominciare da una corretta raccolta dei rifiuti e dal boicottaggio di quei prodotti che continuano ad essere confezionati attraverso l'utilizzo di derivati della plastica. Una battaglia che nel recente passato aveva portato ad un positivo cambiamento, come l'adozione introdotta da alcuni paesi della cosiddetta Plastic Tax, un'imposta rivolta ai produttori di manufatti a singolo impiego, confezionati prevalentemente con platica. Adesso, al tempo del Covid-19, questi fragili sforzi sono stati messi da parte a causa dell'indispensabile utilizzo di materiali derivanti dalla plastica, indispensabili per rendere asettici i contatti tra le persone.