Capo Di Stato Maggiore Esercito
La dea indossa un manto rosso i cui risvolti svelano l'interno celeste e intessuto d'oro: sono i colori simbolici di Venere Humanitas ovvero, secondo gli umanisti del tempo, signora dell'amore umano, cioè moderato dall'intelletto, quindi distinto dall'amore puramente sensuale, e capace di dirigere le basse energie del desiderio verso le alte dimensioni dell'amore spirituale. Dalla sua posizione centrale, la dea separa i sensi e gli amori materiali (rappresentati a destra da Zefiro, Clori e Flora) dai valori spirituali (simboleggiati a sinistra dalle Grazie e da Mercurio). Sul capo di Venere plana il figlio Cupido, bendato, nell'atto di scagliare una freccia verso una delle tre Grazie. La fiamma sulla punta del dardo sta a simboleggiare la passione dell'amore da lui suscitato. La dea, con gesti solenni, sorveglia, dirige e asseconda gli eventi. « Sopraggiungono la primavera e Venere, e le precede l'alato nunzio di Venere; sulle orme di Zefiro, Flora, loro madre, spargendo davanti a sé fiori dagli splendidi colori, ne fa olezzare tutta la via.
Sopra alla sua testa vola cupido, suo figlio, che con una benda agli occhi sta per scoccare una freccia. Accanto a Venere, sulla sinistra, vi sono le tre Grazie, le quali ballano con solennità, muovendosi a cerchio; rappresentano l'amore che si dona, si riceve e si restituisce. L'ultimo personaggio sulla sinistra è Mercurio che tiene in mano un caduceo, forse per capire se si sta avvicinando una tempesta che potrebbe disturbare l'armonia del contesto. Lo sfondo è coperto dagli alberi di un bosco, oltre al quale si intravede un paesaggio che da ampio respiro alla scena. Aiutaci. Se ti è stato utile, segnala questo articolo
La Primavera è l'opera che inaugura la serie di dipinti di soggetto mitologico che Sandro Botticelli realizza per Lorenzo di Pierfrancesco de' Medici, cugino di Lorenzo il Magnifico. Eseguita tra il 1477 e il 1482, l'opera, in origine collocata nel Palazzo di Via Larga a Firenze (dimora del committente), è oggi conservata nella Galleria degli Uffizi. La Primavera è indubbiamente uno dei dipinti più noti di Botticelli ma anche uno dei più discussi in quanto è carico di significati allegorici di difficile e incerta interpretazione. Vari studiosi hanno proposto diverse letture di quest'opera, ma il suo significato più profondo resta quello umanista. La tavola, infatti, raffigura l'idea dell'amore sviluppatasi alla corte medicea sotto l'influenza del filosofo Marsilio Ficino che aveva unito le idee del filosofo greco Platone ai più nobili concetti della fede cristiana, creando così una concezione neoplatonica del mondo. Ficino concepiva l'essenza dell'amore come una dicotomia di concupiscenza e aspirazione a Dio, quindi un contrasto fra materia e spirito, sensi e ragione.
Dopo un inseguimento, il dio raggiunge e agguanta la ninfa Clori, di cui è invaghito, e la possiede con forza. La ninfa è avvolta in un abito trasparente e lo guarda impaurita. Risultato di questa violenta unione è la metamorfosi di Clori in Flora, dea della fioritura e della bella stagione. Quest'episodio è narrato nei Fasti di Ovidio: il soffio fecondo del vento primaverile riveste di colori la spoglia vegetazione invernale (il respiro di Clori si trasforma in fiori che le fuoriescono dalla bocca). « Un tempo ero io Clori, che oggi vengo chiamata Flora. » (Ovidio, Fasti). Flora incede leggiadra e sicura, spargendo lungo il suo cammino le rose che tiene raccolte in grembo, in una piega dell'abito riccamente fiorito che indossa. La sua figura richiama i versi del Poliziano: « Candida è ella e candida la veste, ma pur di rose e fior dipinta e d'erba: lo inanellato crin d'aurea testa scende in la fronte umilmente superba. » Al centro, in posizione dominante e isolata, è raffigurata Venere incorniciata da una siepe di mirto (pianta a lei sacra).
La sua Venere ci appare infatti come una colta e raffinata rielaborazione di modelli scultorei come l'Afrodite Cnidia di Prassitele, il primo scultore dell'antichità a trattare il nudo femminile con grazia e naturalezza, a riempire di umanità i corpi e volti delle dee immortali. Il Botticelli stilla mezze tinte come un grande veneziano e inventa quegli spazi di silenzio attorno alle figure, che sedurranno poi la fantasia dei «metafisici» Leone Traverso
Gli alberi carichi di frutti si piegano all'arrivo del vento; i fiori che escono dalla bocca di Clori si mescolano con quelli che crescono sul prato, riprodotti con meticolosa attenzione. Nell'asse centrale della composizione, davanti ad un cespuglio di mirto, pianta a lei sacra, si staglia la solenne figura di Venere. Sopra di lei il figlio Cupido, bendato, sta per scoccare una delle sue fatali frecce. A sinistra si svolge con un ritmo lento e melodioso la danza delle Grazie, splendide creature coperte di veli trasparenti che simboleggiano l'amore che si dona, si riceve, si restituisce. Infine chiude la composizione Mercurio che, con il caduceo sfiora le nuvole: forse alludendo alla presenza della divinità oppure tiene il maltempo lontano dal giardino. Lo sfondo è costituito dagli alberi del boschetto, oltre i quali dopo il restauro del 1983 è apparso un luminoso paesaggio che ha restituito profondità alla scena. L'allegoria botticelliana Vi è, in un'opera meravigliosa come la Primavera, una così perfetta fusione tra immagine poetica, ritmo musicale e forma pittorica.
Fra i quadri a soggetto mitologico il più noto è sicuramente la "Primavera". Questo dipinto di grandi dimensioni è una vasta composizione simbolica dove l'artista, ha voluto creare una mitica visione, ambientata in un paesaggio fantastico, sia per il modo con cui è espressa la natura, sia per il senso di mistero che essa suggerisce. Nessuna azione solo un lento ritmo di figure classicamente leziose, Cupido, le Grazie, Mercurio e Zefiro, tutte pervase di romantica malinconia. La Primavera datata al 1482 è una tempera su tavola di grandi dimensioni 203 x 314 cm custodita nelle Galleria degli Uffizi di Firenze. Il titolo è stato attribuito in base alla descrizione del Vasari "Venere che le Grazie la rifioriscono dinotando la Primavera". I personaggi della tavola sono stati identificati con certezza anche se il significato dell'opera non è del tutto chiaro. Il mondo mitologico dell'opera Partendo da destra il vento Zefiro afferra la ninfa Clori e con il suo soffio la feconda, trasformandola in Flora, generatrice di fiori e della Primavera.